Theorganicguy
Well-known member
Non esistono più le mezze stagioni. Il clima moderno è un alternarsi di giornate calde e soleggiate a febbraio e temperature sottozero con neve a marzo. Una cosa è però certa: le giornate si allungano di giorno in giorno e il sole sta ricominciando a darci il buongiorno quando al mattino usciamo di casa e quando la sera ritorniamo dopo una soda giornata di lavoro. La natura si risveglia dal suo letargo al ritmo di un variegato concerto: dall’allegro cinguettio degli uccellini alle prime luci dell’alba al suggestivo canto dei grilli all’imbrunire. Già sorridiamo, pensando alle fragranti piante coltivate in giardino, in un angolo appartato del balcone oppure nascoste fra la vegetazione del bosco. Cresciuta sotto il sole, alimentata da passione e sentimento, l’erba autoprodotta acquista un valore territoriale aggiunto, come i pomodori dell’orto della nonna, le susine del vicino o le erbe aromatiche del proprio giardino.
Mi ha sempre affascinato pensare con quanta rapidità passiamo da seme nella nostra mano alle infiorescenze in un contenitore. Possiamo ammirare il tempo scorrere davanti ai nostri occhi. Nel corso di due stagioni, la pianta attraverserà il suo tortuoso cammino e compirà il miracolo della vita. Giorno dopo giorno crescerà, trasformandosi da esile fuscello a folto cespuglio. Man mano si avvicinerà l’autunno, essa allungherà i rami verso il cielo, quasi volesse accarezzarlo con le sue foglie. Infine, si tingerà di suggestivi e pittoreschi colori autunnali, trasformandosi in un’incantevole opera d’arte vivente. Questo spettacolo botanico verrà coronato con l’assaggio del prodotto finale, allietando i sensi con una sinfonia di aromi, sapori e sensazioni. Sarà a quel punto che l’interno del tricoma, la quintessenza aromatica della pianta, si rivelerà in tutta la sua natura e complessità. Dopodiché, ogni cosa ricomincerà da dove si è conclusa: ovvero da quei boccioli tanto agognati, culla della successiva progenie, abbracciata amorevolmente dal calice e protetta da tricomi luccicanti.
Credevo che a far superare le cifre singole al THC, fossero stati i coltivatori statunitensi durante gli anni ’70, desiderosi di ottenere il massimo effetto dalla quantità più piccola possibile, data la situazione sociopolitica dell’epoca. Dopo aver svolto qualche ricerca, ho avuto modo di constatare che varietà che si aggiravano intorno al 15% erano in circolazione anche prima che le percentuali fossero una strategia di marketing, un vanto, o addirittura che si sapesse dell’esistenza delle molecole in questione.
La presenza di un rapporto bilanciato di cannabinoidi (THC:CBD 1:1) nell’hashish estratto a secco è da attribuire a differenti criteri di selezione. I coltivatori non hanno attivamente cercato un fenotipo particolarmente potente, ricco di THC, la cosiddetta perla in mezzo al fango. Nei paesi in cui il metodo di estrazione più diffuso è la battitura, i criteri a guidare la selezione sono altri: resistenza alle intemperie e all’aridità, basso fabbisogno di nutrienti, quantità di resina prodotta e facilità a separare i tricomi dal resto del materiale essiccato.
Il contadino libanese non si basa tanto sulle proprietà psicoattive del prodotto finale, quanto sulla resa al momento dell’estrazione. Se poi, il prodotto finale conterrà il doppio di CBD rispetto al THC, per il coltivatore non farà differenza alcuna. Di conseguenza, in un campo avremo modo di trovare molti chemotipi differenti. Ciò si traduce in un miscuglio di battiture, differenti fra loro, e quindi un cocktail di terpeni e cannabinoidi, che si traducono in quell’effetto rilassante e piacevole associato a particolari zone geografiche. In regioni del mondo dove vengono consumate principalmente infiorescenze, i coltivatori hanno iniziato a selezionare principalmente in base alla potenza del prodotto. Utilizzando i semi provenienti dalle piante più psicoattive, vennero alla luce varietà come Manipuri, Malawi Gold, Mango Thai, per citarne alcune, tutt’oggi in grado di competere con ibridi moderni sia per livello di THC che per effetto.
Questo secolo è caratterizzato dalla febbre del ?9 per quanto riguarda il mercato nero e da un forte interesse per il CBD da parte dell’industria medica. Si sente spesso parlare di cannabis light e cannabis illegale, due mondi diametralmente opposti. Passiamo dunque da un intenso effetto mentale ad un distensivo relax muscolare, con poche fermate intermedie. L’avvento di Internet, ha inoltre portato ad una facilitazione nel reperire semi provenienti da quasi qualunque angolo del globo. Il risultato? La maggioranza dei coltivatori marocchini adesso piantano Amnesia e Lemon Haze e sui pendii dell’Himalaya si iniziano ad avvertire gli aromi di puzzola della proverbiale varietà. C’è chi grida al progresso e si rallegra al pensiero di poter fumare una prima battitura di Lemon Haze, direttamente dalla Rift Valley e chi, dopo aver realizzato che le varietà autoctone stanne svanendo, non sa se scuotere amareggiato la testa o decidere di fare il possibile per preservare quelli che potrebbero presto diventare reperti storici di un’era passata.
A mio modesto parere, dove c’è la luce c’è anche l’ombra. Senza lo Yin, lo Yang perde il suo significato. La notte, senza il giorno, smetterebbe di essere tale.
Ergo: dove abbiamo del THC, è necessario del CBD per bilanciare. Non è una legge universale. Non dev’essere una nuova moda né tantomeno una condanna verso chi preferisce intraprendere un certo percorso e indirizzarsi verso uno degli opposti estremi biochimici. È soltanto la mia filosofia.
Penso che un viaggio sia un tuffo in un mare immenso: lo scibile umano.
Le esperienze acquisite ci plasmano, allargano i nostri orizzonti e ci forniscono nuovi punti di vista, come le radici di un albero, intente a scavare nel terreno e arricchire la pianta.
Ricordo gli sporadici ma significativi contatti con le resine importate: gli aromi speziati e piccanti dell’afgano, il delicato odore dolciastro e pinoso emanato dai biondi marocchini e i toni più citrici e lignei del libanese. L’alterazione della coscienza era più che un frivolo escamotage per scacciare la noia o ammazzare il tempo durante un torrido pomeriggio estivo. Era un safari attraverso altri paesi, altre culture, altre storie.
Ricordo l’effetto obnubilante di un gommoso pezzetto di fumo nero condiviso con un amico, la trance ipnotica mista all’abbandono delle sensazioni fisiche, il vagare dello sguardo attraverso la stanza e allo stesso tempo fra mondi immaginari. Un’avventura degna di “Le mille e una notte”, coronata da un’estasi dei sensi e il piacevole sprofondare in un dolce sonno.
Assaporare diversi sapori, ci fa gustare il variegato repertorio offerto dalla natura e sviluppa il nostro palato, allargando i nostri orizzonti. La scelta organolettica è ampia e variopinta: dal dolce della vaniglia, al piccante del pepe fino all’acido dei solventi. Come un cuoco combina diversi ingredienti cercando di rendere una pietanza un’indimenticabile esperienza poliedrica, così incrociamo polline e brattee, avventurandoci fra fenotipi ed espressioni genetiche, scrivendo pagina per pagina un nuovo eccitante capitolo della storia di questa pianta.
Queste esperienze hanno plasmato la mia idea di esperienza cannabinacea.
Continua un simbolico viaggio fra la molteplicità e la diversità al fine di creare una nuova varietà che possa offrire un raffinato effetto mentale, dove la coscienza si distacca dalla tangibilità e materialità del mondo fisico, il corpo viene cullato dolcemente, sciogliendo le tensioni fisiche e il rapporto bilanciato fra THC e CBD consente di ottenere un elevato beneficio medicinale.
Nelle mie creazioni vi sarà la presenza omogenea delle due molecole più discusse di questo ventennio. Per giungere a ciò, intendo attingere da un pool genetico ampio e variegato, fra queste vi sono anche le genetiche africane. Non ho avuto finora modo di trovare semi CBD creati con genetiche tropicali in vendita. Sono rari gli ibridi con un carattere e una crescita “sativa”. Alcuni fenotipi di CBD Mango Haze e Harlequin rappresentano forse una minoranza.
Come molti di di noi sapranno e innumerevoli studi confermano, i cannabinoidi (CBG, CBD, THCP ecc ecc) sono l’equivalente del motore e il carburante di un’automobile e i terpeni (limonene, mircene, nerolidolo e molti altri) il volante e il cambio.
Che cosa accadrà dunque, quando il CBD, la calma e la distensione per antonomasia, incontrerà i profili organolettici più stimolanti ed adrenalinici, tipici di piante delle regioni tropicali?
La risposta, prossimamente su questi schermi
Mi ha sempre affascinato pensare con quanta rapidità passiamo da seme nella nostra mano alle infiorescenze in un contenitore. Possiamo ammirare il tempo scorrere davanti ai nostri occhi. Nel corso di due stagioni, la pianta attraverserà il suo tortuoso cammino e compirà il miracolo della vita. Giorno dopo giorno crescerà, trasformandosi da esile fuscello a folto cespuglio. Man mano si avvicinerà l’autunno, essa allungherà i rami verso il cielo, quasi volesse accarezzarlo con le sue foglie. Infine, si tingerà di suggestivi e pittoreschi colori autunnali, trasformandosi in un’incantevole opera d’arte vivente. Questo spettacolo botanico verrà coronato con l’assaggio del prodotto finale, allietando i sensi con una sinfonia di aromi, sapori e sensazioni. Sarà a quel punto che l’interno del tricoma, la quintessenza aromatica della pianta, si rivelerà in tutta la sua natura e complessità. Dopodiché, ogni cosa ricomincerà da dove si è conclusa: ovvero da quei boccioli tanto agognati, culla della successiva progenie, abbracciata amorevolmente dal calice e protetta da tricomi luccicanti.
Credevo che a far superare le cifre singole al THC, fossero stati i coltivatori statunitensi durante gli anni ’70, desiderosi di ottenere il massimo effetto dalla quantità più piccola possibile, data la situazione sociopolitica dell’epoca. Dopo aver svolto qualche ricerca, ho avuto modo di constatare che varietà che si aggiravano intorno al 15% erano in circolazione anche prima che le percentuali fossero una strategia di marketing, un vanto, o addirittura che si sapesse dell’esistenza delle molecole in questione.
La presenza di un rapporto bilanciato di cannabinoidi (THC:CBD 1:1) nell’hashish estratto a secco è da attribuire a differenti criteri di selezione. I coltivatori non hanno attivamente cercato un fenotipo particolarmente potente, ricco di THC, la cosiddetta perla in mezzo al fango. Nei paesi in cui il metodo di estrazione più diffuso è la battitura, i criteri a guidare la selezione sono altri: resistenza alle intemperie e all’aridità, basso fabbisogno di nutrienti, quantità di resina prodotta e facilità a separare i tricomi dal resto del materiale essiccato.
Il contadino libanese non si basa tanto sulle proprietà psicoattive del prodotto finale, quanto sulla resa al momento dell’estrazione. Se poi, il prodotto finale conterrà il doppio di CBD rispetto al THC, per il coltivatore non farà differenza alcuna. Di conseguenza, in un campo avremo modo di trovare molti chemotipi differenti. Ciò si traduce in un miscuglio di battiture, differenti fra loro, e quindi un cocktail di terpeni e cannabinoidi, che si traducono in quell’effetto rilassante e piacevole associato a particolari zone geografiche. In regioni del mondo dove vengono consumate principalmente infiorescenze, i coltivatori hanno iniziato a selezionare principalmente in base alla potenza del prodotto. Utilizzando i semi provenienti dalle piante più psicoattive, vennero alla luce varietà come Manipuri, Malawi Gold, Mango Thai, per citarne alcune, tutt’oggi in grado di competere con ibridi moderni sia per livello di THC che per effetto.
Questo secolo è caratterizzato dalla febbre del ?9 per quanto riguarda il mercato nero e da un forte interesse per il CBD da parte dell’industria medica. Si sente spesso parlare di cannabis light e cannabis illegale, due mondi diametralmente opposti. Passiamo dunque da un intenso effetto mentale ad un distensivo relax muscolare, con poche fermate intermedie. L’avvento di Internet, ha inoltre portato ad una facilitazione nel reperire semi provenienti da quasi qualunque angolo del globo. Il risultato? La maggioranza dei coltivatori marocchini adesso piantano Amnesia e Lemon Haze e sui pendii dell’Himalaya si iniziano ad avvertire gli aromi di puzzola della proverbiale varietà. C’è chi grida al progresso e si rallegra al pensiero di poter fumare una prima battitura di Lemon Haze, direttamente dalla Rift Valley e chi, dopo aver realizzato che le varietà autoctone stanne svanendo, non sa se scuotere amareggiato la testa o decidere di fare il possibile per preservare quelli che potrebbero presto diventare reperti storici di un’era passata.
A mio modesto parere, dove c’è la luce c’è anche l’ombra. Senza lo Yin, lo Yang perde il suo significato. La notte, senza il giorno, smetterebbe di essere tale.
Ergo: dove abbiamo del THC, è necessario del CBD per bilanciare. Non è una legge universale. Non dev’essere una nuova moda né tantomeno una condanna verso chi preferisce intraprendere un certo percorso e indirizzarsi verso uno degli opposti estremi biochimici. È soltanto la mia filosofia.
Penso che un viaggio sia un tuffo in un mare immenso: lo scibile umano.
Le esperienze acquisite ci plasmano, allargano i nostri orizzonti e ci forniscono nuovi punti di vista, come le radici di un albero, intente a scavare nel terreno e arricchire la pianta.
Ricordo gli sporadici ma significativi contatti con le resine importate: gli aromi speziati e piccanti dell’afgano, il delicato odore dolciastro e pinoso emanato dai biondi marocchini e i toni più citrici e lignei del libanese. L’alterazione della coscienza era più che un frivolo escamotage per scacciare la noia o ammazzare il tempo durante un torrido pomeriggio estivo. Era un safari attraverso altri paesi, altre culture, altre storie.
Ricordo l’effetto obnubilante di un gommoso pezzetto di fumo nero condiviso con un amico, la trance ipnotica mista all’abbandono delle sensazioni fisiche, il vagare dello sguardo attraverso la stanza e allo stesso tempo fra mondi immaginari. Un’avventura degna di “Le mille e una notte”, coronata da un’estasi dei sensi e il piacevole sprofondare in un dolce sonno.
Assaporare diversi sapori, ci fa gustare il variegato repertorio offerto dalla natura e sviluppa il nostro palato, allargando i nostri orizzonti. La scelta organolettica è ampia e variopinta: dal dolce della vaniglia, al piccante del pepe fino all’acido dei solventi. Come un cuoco combina diversi ingredienti cercando di rendere una pietanza un’indimenticabile esperienza poliedrica, così incrociamo polline e brattee, avventurandoci fra fenotipi ed espressioni genetiche, scrivendo pagina per pagina un nuovo eccitante capitolo della storia di questa pianta.
Queste esperienze hanno plasmato la mia idea di esperienza cannabinacea.
Continua un simbolico viaggio fra la molteplicità e la diversità al fine di creare una nuova varietà che possa offrire un raffinato effetto mentale, dove la coscienza si distacca dalla tangibilità e materialità del mondo fisico, il corpo viene cullato dolcemente, sciogliendo le tensioni fisiche e il rapporto bilanciato fra THC e CBD consente di ottenere un elevato beneficio medicinale.
Nelle mie creazioni vi sarà la presenza omogenea delle due molecole più discusse di questo ventennio. Per giungere a ciò, intendo attingere da un pool genetico ampio e variegato, fra queste vi sono anche le genetiche africane. Non ho avuto finora modo di trovare semi CBD creati con genetiche tropicali in vendita. Sono rari gli ibridi con un carattere e una crescita “sativa”. Alcuni fenotipi di CBD Mango Haze e Harlequin rappresentano forse una minoranza.
Come molti di di noi sapranno e innumerevoli studi confermano, i cannabinoidi (CBG, CBD, THCP ecc ecc) sono l’equivalente del motore e il carburante di un’automobile e i terpeni (limonene, mircene, nerolidolo e molti altri) il volante e il cambio.
Che cosa accadrà dunque, quando il CBD, la calma e la distensione per antonomasia, incontrerà i profili organolettici più stimolanti ed adrenalinici, tipici di piante delle regioni tropicali?
La risposta, prossimamente su questi schermi
Last edited: