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Notizia Straordinaria

Buz

Member
la sentenza è dell'ottobre 2009 ma mi era sfuggita questa bellissima notizia (spero di non aver creato un post doppio)

Per chi non ha voglia di leggerselo tutto riporto solo la conclusione:

"Tribunale Milano: coltivazione 'domestica' non è reato"

qui la sentenza (presa dal sito www.aduc.it)

T r i b u n a l e O r d i n a r i o d i M i l a n o
Ufficio del Giudice per le indagini preliminari
dr. Guido Salvini
7° piano - stanza 24 (tel.02/54334319 - fax 02/5453428)
N.26757/07 R.G.N.R. N.4350 /09 R.G.GIP.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo italiano
Il Giudice per l’udienza preliminare, dr. Guido Salvini, ha pronunziato la seguente
S E N T E N Z A
nel procedimento penale nei confronti di:


DI NICASTRO Silvio
, nato a Milano il 21.10.1966,

elettivamente domiciliato a Inzago (MI) in Cascina Magana n°12
(difeso d’ufficio dall’avv. Simona Maria Rota, Via Cerva n°1, Milano)
I M P U T A T O
del reato di cui all’art. 73, I comma, DPR 309/1990 perché, senza l’autorizzazione del Ministero della
Sanità, illegittimamente coltivava nel giardino della società DINICASTRO Spr, alle cui dipendenze
prestava la propria attività lavorativa, n.7 piantine di marijuana, sostanza stupefacente di cui alla I tabella
allegata.
A Pozzo d’Adda il 18 giugno 2007.
* * * * * * * * * * * * *
Con richiesta in data 12.5.2009 il Pubblico Ministero ha chiesto il rinvio a giudizio di Di Nicastro Silvio
per rispondere del reato di cui all’art.73 I comma DPR 309/1990 per aver coltivato, nel giardino della
società Di Nicastro Srl per la quale svolgeva attività lavorativa, 7 piantine di marijuana.
L’intervento che ha portato alla scoperta e al sequestro delle 7 piantine è relazionato nella comunicazione
di notizia di reato dei Carabinieri di Vaprio d’Adda in data 18.6.2007.
Nel giardino della società gli operanti infatti rinvenivano 7 vasi in cui erano state messe a dimora
altrettante piantine di marijuana che avevano raggiunto l’altezza media di 50/60 centimetri.
I vasi risultavano subito essere stati collocati da Silvio Di Nicastro il quale ammetteva di aver piantato le
piantine senza informare il cugino Willian Di Nicastro, titolare della società, che si trattasse di marijuana.
Quest’ultimo veniva infatti sentito e confermava che le piantine erano state portate circa un mese prima
dal cugino Silvio il quale gli aveva detto che si trattava di menta piperita ed egli ci aveva creduto non
essendo pratico di giardinaggio.
Non aveva mai notato che il cugino curasse in modo particolare le piante anche se, avendo le chiavi
dell’azienda, l’imputato ben avrebbe potuto andare ad innaffiarle e curarle di nascosto.
2
Gli accertamenti effettuati dalla Sezione Investigazioni Scientifiche del Comando Provinciale Carabinieri
di Milano e depositata in data 22.6.2007 confermavano che quanto sequestrato erano due piante maschili e
cinque piante femminili di Cannabis sativa che avevano raggiunto l’altezza di circa 60 centimetri.
Separate da ciascun fusto le foglie e le infiorescenze queste risultavano del peso netto complessivo di circa
34 grammi per le piante maschili e di circa 99 grammi per le piante femminili con la presenza di principio
attivo puro rispettivamente di 0,154 grammi e 1,10 grammi.
Sulla base di tali elementi deve essenzialmente valutarsi se l’attività contestata a Di Nicastro rientri
all’interno delle condotte sanzionate dall’art.73 I comma DPR 309/1990.
E’ noto che, dopo contrastanti sentenze dei giudici di merito, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con
sentenza in data 10.7.2008 ha stabilito che la condotta di “coltivazione” non è mai sottratta al rilievo
penale in quanto l’art.75 I comma del DPR 309/1990 ricomprende nella figura dell’illecito amministrativo
solo le condotte di importazione, acquisto e detenzione e non le altre condotte indicate dall’art.73 e cioè
tra le altre la produzione, la fabbricazione, la raffinazione, la messa in vendita ed anche la “coltivazione”
delle sostanze stupefacenti.
Nella medesima sentenza la Suprema Corte, andando di contrario avviso rispetto a varie sentenze di
merito, ha anche statuito che sarebbe arbitrario distinguere, ai fini di ricomprendere talune condotte minori
nell’area dell’art.75, tra coltivazione tecnico-agricola e coltivazione domestica che potrebbe secondo
alcuni rientrare nel genus della semplice detenzione.
La coltivazione domestica infatti non avrebbe alcuna autonoma rilevanza giuridica in quanto ogni tipo di
coltivazione avrebbe comunque l’effetto di accrescere la quantità di sostanza stupefacente presente in
natura e la dizione “coltivazione” dovrebbe essere quindi intesa nel senso più ampio e senza eccezioni.
L’assimilazione tout court della coltivazione industriale o semi-industriale della coltivazione della
marijuana alla coltivazione “domestica” effettuata dalla Suprema Corte è assai discutibile sul piano
ermeneutico.
Infatti ogni espressione usata in un articolo di legge, soprattutto se di carattere non giuridico ma
naturalistico, dovrebbe infatti essere interpretata alla luce dell’intera normativa di riferimento.
Ed allora è utile ricordare ciò cui si riferiscono gli artt. 26 e ss. dello stesso D.P.R. 309/90 che contengono
la disciplina amministrativa che regola le procedure di rilascio dell’autorizzazione ministeriale per la
”coltivazione” ( e la produzione) lecita, ad esempio a fini di studio, di piante contenenti principi attivi di
sostanze stupefacenti.
L’espressione ”coltivazione” presente in tali articoli evoca chiaramente un’attività tecnico-agraria o
imprenditoriale poiché si parla, ai fini dell’autorizzazione, di superficie di terreni, particelle catastali,
locali destinati alla’ammasso e si prevede che la coltivazione e la raccolta possano essere controllate
periodicamente dalla Guardia di Finanza e dal personale del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste
anche in relazione alla ubicazione ed estensione del terreno coltivato e alla natura e alla durata del ciclo
agrario.
Ciò può solo significare che la legge, quando parla di “coltivazione”, ha per oggetto di riferimento
un’attività in larga scala o quantomeno apprezzabile, destinata ex se all’utilizzo e alla circolazione presso
terzi e non si riferisce invece a modesti quantitativi di piante messe a dimora in modo rudimentale in vasi
e terrazzi.
Se tale significato dell’espressione vale per gli artt. 26 e ss. non può non valere anche per l’art 73 primo
comma che determina le sanzioni penali mentre la crescita domestica di alcune piante in vasi esce dal
concetto di “coltivazione” risolvendosi, in assenza di circostanze di segno opposto, in una forma di
detenzione senza acquisto da parte dell’agente che si procura da sé ed anche ripetutamente la sostanza.
3
Del resto parlare in casi simili di accrescimento comunque della sostanza stupefacente presente in natura è
abbastanza singolare su un piano di fatto solo se si rapportano gli artigianali tentativi in spazi e luoghi
perlopiù non adatti alle effettive “piantagioni” che esistono in varie parti del mondo e forse anche in Italia,
queste si tali da accrescere e moltiplicare sul piano naturalistico l’esistenza e la diffusione di una specie
vegetale.
In sostanza “coltivare” non significa allestire vasi e vasetti ma governare un ciclo di preparazione del
terreno, semina, sviluppo delle piante e raccolta del prodotto.
Senza forzare tuttavia il significato attribuito all’espressione “coltivazione” dalla recente sentenza della
Suprema Corte, un risultato interpretativo non contrastante con la ratio e la funzione complessiva del
D.P.R 309/90 può essere agevolmente raggiunto utilizzando il criterio della ”offensività” di una condotta
richiamato, fra le altre , dalla sentenza n. 360 del 24.7.1995 della Corte Costituzionale proprio in materia
di coltivazione di piantine di stupefacenti


1.

Sotto tale profilo è irrilevante sul piano penale ogni condotta concretamente inidonea a ledere il bene
protetto dalla norma, in questo caso il bene della salute di terzi.
Nel quadro delineato dal D.P.R 309/90 infatti il bene protetto sul piano penale, non considerando il piano
amministrativo, è certamente quello di evitare che le sostanze stupefacenti siano cedute a terzi e fatte
circolare accrescendone così la diffusione.
Bisogna quindi esaminare se la condotta di cui si è reso responsabile Di Nicastro, in base ai dati di fatto
che emergono dagli atti, possa essere giudicata lesiva del bene che si intende proteggere o al contrario sia
circoscrivibile all’interno di una detenzione ed uso personale sia pure con le modalità dell’autoproduzione
comunque con una nulla o minima offensività del bene tutelato.
Nel caso in esame non vi sono elementi che indichino, quantomeno in modo significativo, una
destinazione della marijuana a terzi.
Il numero di piantine era esiguo, il luogo ove si trovavano certo non indicativo di una attività di spaccio,
non è nemmeno sicuro che le piantine (la Cannabis sativa può giungere sino a tre metri di altezza, come
conferma la relazione della Sezione Investigazioni Scientifiche Carabinieri citata), avessero completato il
loro ciclo di maturazione.
Il principio attivo presente nelle infiorescenze raccolte dai Carabinieri era di non molto superiore ai limiti
massimi indicati nelle Tabelle ministeriali previste dall’art. 73 comma I bis D.P.R. 309/90 e non è
nemmeno certo che tutto il principio attivo contenuto nelle foglie e nelle infiorescenze fosse davvero
recuperabile dall’imputato che disponeva certamente solo di tecniche rudimentali di “raccolta”.
Inoltre dagli atti, oltre al sequestro delle piantine, non emerge alcun altro elemento indiziario che indirizzi
verso una volontà da parte di Di Nicastro di cedere a terzi la sostanza raccoglibile e non è nemmeno
irrilevante il fatto che egli sia del tutto privo di precedenti specifici e disponga di una regolare
occupazione.
In conclusione non vi è prova certa nè suscettibile di sviluppi che la condotta ascritta a Di Nicastro sia
contrassegnata da una concreta offensività penale.
1


in verità la Corte Costituzionale, nel respingere l’eccezione di legittimità costituzionale degli artt. 73 e 75 D.P.R.

309/90 nella precedente formulazione, ha ribadito che qualsiasi forma di “coltivazione”, compresa quella domestica,
deve essere trattata con maggior rigore rispetto alla semplice detenzione ma nel contempo ha consentito al Giudice
ordinario di valutare l’offensività specifica della singola condotta in concreto accertata ed in particolare se questa sia
idonea o meno a porre repentaglio il bene giuridico tutelato come nei casi in cui il principio attivo che possa estrarsi
dalle piante sia davvero esiguo.
In applicazione di tale principio la Corte di Cassazione, sezione IV, con la successiva sentenza n. 1222 in data
14.1.09, prodotta anche dal difensore di Di Nicastro, relativa alla coltivazione di 23 piantine di marijuana di cui non
era provato che si fosse completato il ciclo di maturazione, ha annullato senza rinvio una sentenza di condanna della
Corte di Appello di Ancona..
4
Di conseguenza, in sintonia peraltro con altre pronunzie di questa sezione in casi analoghi


2 deve essere

emessa nei suoi confronti già in questa sede ex art. 425 comma III c.p.p. sentenza non doversi procedere
perché il fatto non costituisce reato. Fermo restando, ad evitare equivoci, che la condotta lui ascritta non è
né neutra né lecita ma comunque sottoposta alle sanzioni amministrative, anche serie, di cui all’art .75
D.P.R. 309/90
P. Q. M.
Visto l'art.425 III comma c.p.p.
dichiara
non doversi procedere nei confronti di DI NICASTRO Silvio in ordine al reato lui ascritto perché il fatto




non costituisce reato

visto l’art 75 D.P.R. 309/90
dispone
la trasmissione di copia della presente sentenza e degli atti al Prefetto di Milano per l’applicazione delle
sanzioni amministrative di sua competenza
ordina
la confisca e la distruzione di quanto ancora eventualmente in sequestro
(motivazione depositata nel termine di 60 giorni indicato nel dispositivo)
Milano, 13 ottobre 2009
Il Giudice
Guido Salvini
2


Cfr. proc. 202030/08 Gip definito con archiviazione in data 15.4.2008 e proc. 5284/06 Gip definito con sentenza
di assoluzione in abbreviato in data 23.11.2006 ed entrambi relativi alla “coltivazione” di poche piante di marijuana.


Speriamo non rimanga un caso isolato :tiphat:
 

ganoc

Member
Ho una domanda a riguardo che pongo a chi se ne intende:

in Inghilterra, ad esempio, non vi è alcuna costituzione, ma contano soltanto le sentenze precedenti analoghe al caso trattato. Quindi se io in Inghilterra ho 15 gr in mano e mi arrestano, e ad esempio 2 anni prima per lo stesso identico fatto hanno assolto qualcun'altro, anche io subirò la stessa sorte.

In Italia naturalmente non funziona così, ma può avere qualche valore il fatto che precedentemente un'altra persona è stata assolta per lo stesso reato per cui sono stato indagato?
 

Buz

Member
ti risp per quello che ho capito io (e non sono assolutamente nel ramo):

si, di sicuro una sentenza precedente puo avere anche un notevole valore, ma purtroppo da noi la legge è anche interpretativa . per cui il giudice che esamina Caio puo valutare che lo stesso reato in maniera diversa a quelloc he ha gia fatto unaltro giudice per Tizio.

interpretatitiva nel senso che il giudice dovrebbe riuscire a capire quello che il legislatore voleva dire/fare con quella legge-

piccolo esempio un po estremo e non applicabile nella realtà ( ma per far capire il concetto da me espresso malissimo)

io uccido mia moglie

metti che la legge citi: un uomo che uccide unaltro uomo è punibile con la reclusione fino a 30anni

ovviamente il legislatore intendeva uomo come essere umano

ma la legge cosi come lho scritta potrebbe farmi assolvere in quanto io uomo ho ucciso una donna...

spero di esserti stato minimamente di aiuto e soprattutto spero che i 3 negroni sbagliati non abbiano reso la mia risposta totalmente incomprensibile.
PEace
 

Buz

Member
x qll ke so io è ancora reato la coltivazione in casa XD
vero, per te per me e per tutti glialtri tranne che per DI NICASTRO Silvio.

ma la sentenza è comunque l'inizio di un impercettibile crepa nel muro della diga... e una goccia è passata, speriamo che il gocciolio aumenti fino a creare una falla.

la speranza è l'ultima a morire

Peace
:thank you::tiphat::dance013:


 
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